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sabato 18 aprile 2009

Everyday is a day of thanksgivin'


Quando succederà..... quando succederà che ci perderemo, come saranno le giornate? Come sarà il cielo, il vento, il sole?
Come sarà cantare, ascoltare, guardare? Come sarà aspettare?
Le cose che amiamo crescono nel tempo dell'attesa, e così ogni volta siamo un po' diversi, un po' più ricchi, e anche un po' più poveri.
Quando succederà sarò triste fino in fondo al cuore, e so che mi faranno male le ossa, e i colori andranno dall'azzurro all'indaco, al violetto, al bruno, e i suoni mi feriranno, e mi mancherà la tua voce, e non saprò cantare.
Quando succederà che ci perderemo, non per colpa mia, non per colpa tua, quando succederà che ci perderemo, per colpa della vita, quando succederà, scaccerò la nostalgia, ricorderò la tua voce, e i tuoi abbracci, e le cose che mi raccontavi, e quelle che ti raccontavo io. E, dentro di me, ritornerò a cantare.


mercoledì 14 gennaio 2009

Due parole


Sento spesso che mi manca qualcosa (insomma, qualcosa un bel tocco di qualcosa), e questo al di la dell'essere felice o no. Manca quel senso di completezza, di realizzazione, quel dimenticare i rimorsi e i rimpianti che si accumulano nella vita.
Il fatto è che lo so benissimo: io son questo, e non altro. Uno zibandone di pregi e di difetti, di paura e di coraggio, di vittoria e di sconfitta, di gioia e tristezza. Se ci mettiamo anche il rapporto con Dio la cosa si fa ancora più complicata, perchè ti senti sempre in debito, mai in pari, e il peccato a volte pesa addosso in maniera intollerabile. Allora le giornate si tingono di scuro; non di nero, che ha un suo fascino, ma di scuro, di chiuso, di triste, di inutile.
Allora poche cose hanno un senso, niente ha il sapore che conoscevi e se cammini, in qualunque direzione tu lo faccia, il vento ce l'hai sempre contro.

Eppure un modo ci dev'essere per uscirne, eppure anche per me deve esistere il sereno sopra le nuvole, il sole dietro le colline, il mare libero dopo la scogliera, il prato dopo la macchia fitta di rovi.

Eppure... lo so, perchè è già successo, che tutto può cambiare in un istante. Io che ero il rifiuto, lo scarto, mi sono sentito al centro della Sua attenzione. Al centro. E ogni cosa mi parlava di Lui, e mi incoraggiava, e mi sosteneva. Mi ricordava, ogni attimo, che io sono importante, che valgo la Sua vita. In una notte mi ha sconvolto completamente, dicevo allora "rovesciato come un calzino".Nuovo di pacca. E' in quei momenti che comprendi il senso di parole come "misericordia", "pace"... e quante cose....
Ma poi la buona pianta si lascia lì ad ingiallire, l'attenzione diminuisce, lo sguardo si abbasssa, torna a guardare basso basso....
E sei punto e a capo. Tutto da rifare. Immondizia da portare via, vetri da pulire, mobili da spolverare.... tu, Tempio di Dio, orgoglioso di esserlo, sei di nuovo ridotto come una discarica. E tanto più pesa, in quanto conosci la differenza, e la senti come una distanza che va aumentando sempre più.
Allora, improvvise, casuali, arrivano due parole. Due parole che sai di poter dire, di poter osare. Te le hanno portate in dono giusto due sere fa, e un attimo prima erano il testo di una canzone, adesso sono la tua preghiera, il tuo struggimento, la tua speranza. Due parole, una preghiera:
"Touch me": Toccami


touch me

touch me
touch me
touch me
Lord touch me

I know I'm not much
I feel so unworthy

I'll never be much
Until the hand of god touches me

I've been praying
I've been praying that the Lord would touch me.

Molti hanno rivolto questa preghiera al Signore, e sono stati ascoltati.
"Chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto.... se non altro per la vostra insistenza"

lunedì 20 ottobre 2008

1991



Mi hai detto che verrai. E adesso aspetto quel momento, e sembra quasi che attenderti riempia del tutto il mio tempo, occupi del tutto i miei pensieri.
Verrai. Ho fiducia in te. E comincio a pensare a dove ci incontreremo, e se ti riconoscerò, e come sarà la tua voce, e come sarai vestito.
Manca ancora un mese al tuo arrivo, ma intanto ho saputo a quale stazione arriverai. Vado a vedere, vado a pensare come sarà. Salgo le scale, e penso che le scenderò con te tra un mese, penso che staremo già chiacchierando come vecchi amici, magari di questi giorni di confusione, di attesa, di timore. Vado a guardare i binari. Arriverà qui il tuo treno, alle sedici di una domenica tra quattro settimane. Arriverà. Sentirò l’annuncio dall’altoparlante, e aguzzerò gli occhi giù lontano sui binari, dove tutto si confonde in una leggera nebbiolina, tra i segnali rossi e le linee elettriche, tra vagoni in sosta su binari morti e motrici di servizio nello scalo merci, a spingere stancamente brevi convogli.
Adesso provo a spingere ancora più in là il mio sguardo. Oltre il visibile, verso il luogo dal quale tu arrivi. Mi viene voglia di mettermi a seguire a ritroso il tuo percorso, sapessi che è possibile, lo farei. Ma no, devo aver pazienza. Mi perderei, ti perderei. Per me questo binario si perde nel nulla, troppe fermate, troppi paesi sulla tua strada, e poi, come trovarti? So che tu mi conosci, mi hai telefonato all’improvviso, pensavo a uno scherzo, a un sondaggio, a qualche trovata cretina di qualche amico. Ma eri tu. Non sapevo di essere sulla tua rubrica, non sapevo nemmeno che tu avessi una rubrica.
Cerco di ricordare la tua voce, ma non ci riesco, ma tu guarda un po’ se uno deve pensare anche a ricordarsi una voce...
I miei amici sanno del nostro incontro, mi dicono anche loro “Abbi pazienza” , ma intanto il mese è passato, e al sabato notte non riesco a dormire.
Domani. Domani. Basta far passare questa notte e sarà domani, il giorno che verrai.
Ci troviamo la mattina, nel giardino davanti la stazione. Ridiamo, scherziamo, ma la mia testa è sui binari, i miei occhi sono sui binari, il mio cuore è sui binari, e devo ancora aspettare.
Pranziamo allegri, anche io cerco di scherzare, ma sento che è solo la mia voce che scherza, io non ce la faccio, non ho testa, non posso. Non riesco ad andare oltre un commento sul vino che bevo, sulle patate arrosto, che sono un po’ malconce. Quello che conta è che tu verrai, tra poco, tra poco.
Sento che in stazione continuano ad annunciare treni in arrivo e treni in partenza, dieci minuti, poi chiameranno il mio treno, il tuo treno, il nostro treno.
Salgo ai binari, gli amici non mi accompagnano. E’ un momento per me, solo per me, saranno ad aspettarmi, ad aspettarci, ad abbracciarci dopo, quando sarai venuto.
Ecco, lo annunciano, stai arrivando. Mi sporgo per vedere il tuo treno spuntare, per veder fare quella leggera curva che lo indirizzerà da me, qui davanti. Presto! Presto! Ecco che arriva! Ecco che viene! Stridono i freni, dove sei, dove sei!!!! Il treno è fermo davanti a me, i passeggeri scendono, ma tu, tu, dove sei? Non ti conosco, non ti ho mai visto, eppure sono qui ad aspettarti, e cerco di vedere tra la gente che scende, tra la gente che passa, tra la gente che esce, ma non ti vedo, non c’e’ quasi più nessuno, non é possibile, hai promesso, hai promesso.
Improvvisa una voce, dietro di me, il mio nome detto con calma, mi volto, sei tu, sei tu? Certo, chi potrebbe essere! Ti abbraccio, mi abbracci, affondo il viso nella tua spalla, mi stringo a te. Sei arrivato, tu mantieni le promesse.
Gli amici, fuori, stanno già facendo festa per noi. Cantiamo, danziamo, ridiamo. Ci guardiamo negli occhi. Che importa se viene la notte? Con te notte e giorno sono la stessa cosa.

venerdì 3 ottobre 2008

Just as I am



Non so perchè ho sentito improvviso la necessità di scrivere questo post. Non so nemmeno se ci riuscirò, ma vorrei provare a fare pace con me stesso, se possibile, ad accettarmi, a prendermi così come sono.
Il fatto è che mi sento come se fossi troppo mescolato, troppo complesso, troppo diverso da me stesso. Troppo lontani i miei poli, e anche l'equatore non è messo meglio. Forse non esiste nemmeno.

Scopro dentro di me una sensibilità... come dire, ambivalente. A volte sono troppo freddo, altre troppo delicato, dolce, fragile. Talvolta, e sono casi un po' speciali, riesco a mettere a frutto queste mie due qualità, o modi di essere, compongo in modo unitario quello che avverto spesso come diviso, lacerato. Da una parte una sensibilità molto forte, che non poche volte mi crea imbarazzo, dall'altra una freddezza e una lucidità che non so capire come possano camminare insieme.

Lo scorso dicembre, il giorno 30, è morta la mia mamma, dopo due anni di sofferenze terribili. Io e mio fratello, e la badante, che è stata per noi davvero dono di Dio per la nostra famiglia e per la mia mamma, l'abbiamo assistita come meglio abbiamo potuto, sapendo sempre che in fondo a questa storia ci sarebbe stata la morte, che siamo arrivati a desiderare arrivasse presto, perchè lo strazio di quella sofferenza non era sopportabile. La mamma è morta la mattina dopo che io l'avevo vegliata in ospedale, e io ero a casa, in quel momento, a letto a riposare. Mi ha telefonato mio fratello, due volte in breve tempo, sempre uguale, anche quando è morto mio padre, mio fratello mi ha chiamato, se la vuoi vedere ancora viva vieni subito, ma dopo due minuti la seconda telefonata: fa' pure con calma, non scappa più niente, ormai.

Siamo andati tutti all'ospedale. io, mia moglie, le mie figlie; c'erano gia' anche mia nipote e la mia cognata. Deqaa, la badante piangeva disperata.
Io ho pensato che doveva succedere, che lo sapevamo, che nessuno aveva soluzioni per questa storia. Pochi giorni prima un'anziana signora era stata uccisa dal marito, che si era reso conto di non poter piu' fare niente per lei, con tre colpi di pistola proprio nel letto davanti a quello di mia madre, che era ancora abbastanza lucida da vedere e capire, e da ricordare. Ci sono voluti due giorni per pulire il muro dal sangue e la mamma ha detto che le era rimasta la foto di questa "pittura" fissa nel cervello, e la sognava la notte e ogni volta che si appisolava. Non credo che avrebbe desiderato di finire così anche lei, con un colpo di pistola, ma non ce la faceva più, non ce la faceva più.....

Mia moglie è stata preziosa. La data del 30 dicembre non era la migliore per morire, per trovare un medico legale, per mettere insieme i pezzi di una vita finita, per dare modo ai molti che avevano voluto bene alla mamma di poterla salutare per l'ultima volta, ma lei ce l'ha fatta.
Abbiamo celebrato il funerale il 31 pomeriggio, io ho cantato e suonato per lei, con l'aiuto di alcuni amici, in particolare di Marco, quello che ogni tanto ricordo su questo blog. Ho voluto cantare per lei "swing low, sweet chariot" alla fine, per cercare di accompagnarla in qualche modo. Non ho pianto nemmeno una lacrima. Mi domando perchè, e non trovo risposte.
Perchè per il resto sono fragile, e mi commuovo con una facilità davvero inquietante quando avverto dentro le storie che leggo, o nei films che vedo, i sentimenti più profondi, e mi pare di viverli in prima persona, tanto che a volte devo spegnere la tv, o peggio, andare un po' nel corridoio del cinema, perchè non riesco a sostenere, sopportare, quello che vedo.

Eppure penso di essere un duro. Di riuscire a resistere a qualunque cosa. Di riuscire a metabolizzare, di lasciare dentro di me la disperazione e riprendere a lottare, anche quando non vedo vie d'uscita.

E forse è davvero così che appaio, incerto, ondivago. Forse anche inaffidabile. Talvolta impresentabile. Ma.... è così che sono. Just as I am

venerdì 13 giugno 2008

Come una poesia studiata quarant'anni fa.

La strada sale su, nella notte, nel bosco. I fari della mia macchina disegnano alberi e cespugli, ombre che si muovono in direzione opposta alla mia, curva dopo curva, curva dopo curva....

Sono stato ad una festa medioevale quassù a Fossato, a cavallo delle province di Prato e Pistoia. Buoni amici, la musica dei “Midnight” ad un angolo di una piazza, una cena semplice ma piacevole, un po' di vino. Poco, c'è' da guidare, sono 40 chilometri per tornare a casa, in buona parte strada di montagna stretta e tortuosa.

Non ho nemmeno acceso la radio, né messo un cd nel lettore. Un po' di silenzio, un po' di tranquillità, basta il rumore del motore a far compagnia, adesso, e il ricordo delle risate, delle chiacchiere.

Il paese è come un'isola di luce e suoni, sulla montagna. Il resto e' silenzio, qualche cane, tutt'al più, e il mistero di quello che c'è al di là della linea illuminata dai fari. La notte protegge tutto intorno a me, e mi scorre accanto.

Ecco, dovrei essere vicino al valico, alla fine della salita, 9oo metri di altezza qui nella val Bisenzio. Gli alberi si allargano, accanto a me, a destra, una maestà' aspetta come fosse un segnavia. Forse lo è davvero....

D'improvviso, ecco, sono dall'altra parte.

Una scena fantastica.

Mi trovo sul versante che sembra riempito dalla luce della luna, sovrastato dalla sua presenza, splendente, magnifica, quasi un sole di notte. Tutta la valle ne è illuminata, la montagna dove mi trovo, le altre montagne, dall'altra parte della valle, la Calvana, sembrano bere questa luce che riempie il cielo, dopo il buio del versante in ombra. Mi fermo a guardare, è bellissimo, perfetto; dolce e forte nello stesso tempo, come un quadro di Van Gogh, dipinto dalla luce. Assaporo il mistero di questa notte d'estate, il primo di agosto, e il cuore mi si riempie di pace, di serenità. Queste colline che ho visto mille volte, che ho percorso altrettante volte, ecco, per la prima volta mi mostrano un volto diverso, un mondo dove non appare immediatamente la mano dell'uomo, le case, le luci, i tralicci delle linee d'alta tensione, le linee delle strade che si perdono talvolta dentro ai boschi, dietro le curve morbide dei fianchi delle colline. Vedo la massa degli alberi dei boschi, le linee d'ombra sui fianchi delle colline. Quassù è silenzio.

Riprendo la mia discesa verso il fondovalle. Dopo poco si incontra un tratto di strada che attraversa una fittissima fascia di abeti. Un posto che amo moltissimo, un posto che per me racconta “la strada”.

Anche di giorno gli alberi sono così fitti che già superata la fascia dei primi cinque-sei alberi il bosco si fa buio, e nemmeno il sole più brillante riesce a penetrarlo. Il bosco ha i suoi segreti.

E' la prima volta che passo di qui di notte, e sono solo. Fermo la macchina, spengo il motore e i fari, tiro il freno a mano e scendo.

E' buio pesto, la luce della luna non riesce a penetrare qui. Si vede solo il chiarore del cielo, e s'indovina appena il grigio della strada sulla quale sto camminando. A destra, a sinistra, davanti, dietro, è tutto scuro, buio. Sento pero' che questa oscurità è piena di vita, mille rumori delicati bucano le tenebre, mille canti notturni, mille piccoli movimenti.

Non sono abituato a questo, sento un disagio profondo. Sento, ma non vedo, e questo mi fa sentire in inferiorità, se non in pericolo. Torno a sedermi al volante, accendo il motore e i fari, e tutto torna ad essere quel mondo che io conosco.

Mi torna alla mente una poesia studiata alle medie, il mio ultimo anno di scuola:


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Dormono le cime dei monti
Dormono le cime dei monti
e le vallate intorno
i declivi e i burroni;

dormono i rettili, quanti nella specie
la nera terra alleva,
le fiere di selva, le varie forme di api,
i mostri nel fondo cupo del mare;

dormono le generazioni
degli uccelli dalle lunghe ali.

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Per un attimo anche io sono appartenuto a questa notte, a questo mistero.