giovedì 25 dicembre 2008

Never Alone


Sono un po' duro, lo so.
Mi ci è voluto un po' di tempo, alla scuola gospel (hey, Coach, come stai?) a capire questa canzone.... certamente perchè io in inglese devo mettere insieme le parole con calma, e quando ho finito posso cominciare a cercare di capirne il significato. Ma è una scuola, e allora si impara. Figuriamoci, imparo anche io!
Dev'essere che mi mette in imbarazzo quel linguaggio così semplice, immediato, che non c'e' da pensarci troppo, ma basta dire: " ah, ecco", e le parole che sono passate quasi senza colpo ferire dai tuoi orecchi già rimbombano nel cuore con un fracasso assordante..... ma forse mi sbaglio, forse è un sussurro, soltanto un sussurro, capace di coprire pian piano ogni altro rumore, capace, dolcemente, di carpire ogni attenzione.
E allora scopri, per esempio, che una canzone che non ti piaceva - stranger - racconta proprio il nostro incontro - scontro con l'altro, col diverso, con lo sconosciuto, lo straniero.
E sta lì a dirci che invece quello "straniero" non è così straniero. Che quando quello straniero si avvicina a te non ti chiede il codice fiscale, e nemmeno come ti chiami. E' uno che sa già tutto quello che c'e' da sapere, anzi. Semplicemente SA TUTTO. Ma oh, non scherziamo, sa tutto facendo passare tutto attraverso l'amore, e chi lo incontra - quello straniero di Galilea - incontra l'Amore, la Misericordia, la Pace, la Fiducia.
Finalmente si colma un vuoto antico:
" O Dio, tu sei il mio Dio
dall'aurora ti cerco,
di te ha sete l'anima mia" gridava il salmista....
Ma strano il nostro cercare, che non ha mosso un passo, un dito, verso di Te.
Ci convinciamo che siamo venuti a cercarti, ma sei Tu che ti lasci trovare, sei tu che ci segui nel nostro vagare, sei tu che ci accompagni.
"Se prendo le ali dell'aurora per abitare ai confini del mare
anche là mi segue la tua mano"
"Nemmeno le tenebre per te sono scure,
e la notte è chiara come il giorno." ....

"Never Alone" c'era scritto sul foglio, "I don't have to worry, 'cause I'm never alone", e io non riuscivo a dirlo giusto, il Coach mi ha corretto e ricorretto, ha ripetuto con me e per me, e anche così le cose si capiscono, anche così le cose ci entrano dentro, e prendono vita, e diventano parte di noi stessi.

Mai solo. Non mi devo preoccupare di niente, da ora in poi, perchè non sarò mai solo.

"Gloria a Dio nell'alto dei cieli, e pace in terra agli uomini che Egli ama!"
Buon Natale a tutti!

"Io sono tranquillo e sereno
come bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è l’anima mia.
Speri Israele nel Signore, ora e sempre."

(dal salmo 130)

sabato 20 dicembre 2008

Somebody is knocking at your door



Viviamo in un'era tecnologica ( o almeno a noi pare così, chissà cosa diremo del domani!), un tempo nel quale si usano sms, e_mails, blogs, forums, s, s, s, - insomma, qualunque cosa sia, purchè sia tecnologica, internettosa e in quantità industriale. Riusciamo così a convincerci che se anche i contenuti sono scarsi la quantità e la tecnologia possono sopperire alla mancanza di cervello.

Già, bisogna notare, non ci si telefona, ci sono gli sms, e se anche il telefono del nostro interlocutore è spento vedrà il messaggino quando lo riaccende. Telefoniamo solo in caso di assoluta necessità e urgenza.
Così tutti noi, nelle nostre case, nei nostri palazzoni, abbiamo file di campanelli coi nomi scritti belli chiari. Anche questi già passati di moda. Adesso sei sicuro che se qualcuno suona il tuo campanello è solo uno scherzo di qualche ragazzino. Chi vuoi che si azzardi a disturbare la tua quiete con un incontro faccia a faccia?
Stiamo alzando attorno a noi un muro di elettronica separazione. Una cortina di vigile indifferenza. Mettiamo, nelle nostre chat, un disco rosso con una striscia bianca orizzontale per dire: "ci sono, ma non voglio parlare". Usiamo, sui nostri cellulari, nascondere il nostro numero, arrogandoci il diritto di parlare con chi vogliamo, e di non farci disturbare da nessuno, se non pochi eletti nella nostra rubrica.

Alcuni giorni orsono, ero al computer, sento una botta al vetro della porta finestra. Sarà stato uno dei gatti, penso. Poco dopo, un'altra botta. Non ho nemmeno girato gli occhi.
Il sole, piegandosi nel suo percorso quotidiano, mi ha colpito improvviso, disturbandomi. Ho girato gli occhi verso il vetro, colpevole di aver dato al sole la password per entrarmi in casa.

Sul vetro, evidenziata dal sole, stampata a chiare lettere, la delusione di un povero piccione che cercava di venire a farmi visita, ma si è schiantato contro la mia porta chiusa.
Un giorno, spero, capiremo.
Un giorno. Spero che non sia troppo tardi.

giovedì 18 dicembre 2008

Sliding doors


Due giorni orsono, uscendo dal supermarket dopo aver cambiato la moneta per prendere un carrello, ho incrociato una vecchia collega di lavoro. Lei non mi ha notato, e io ho pensato che l'avrei raggiunta subito, appena recuperato un carrello per la spesa.
Abbiamo lavorato insieme negli anni '80, e la ricordo come una persona gentile, premurosa, attenta come sanno essere attente le persone di una certa età. Aveva allora circa 50 anni, io poco più di trenta. A volte ci invitava a pranzo a casa sua, a mangiare il polpo, e ci diceva sempre: "Fermati, quando passi, ti faccio un caffè. "
Ma ho sempre avvertito la differenza di età, che mi dava un po' soggezione, e poi lei stessa era assai riservata, come si conviene ad una persona che vive sola col fratello, anche lui non sposato.

Ho preso il mio carrello, e sono rientrato nel negozio. Avevo poca roba da prendere, e mi sono subito messo a cercare la mia amica. Ma non l'ho ritrovata, e mi sembra impossibile, data la poca gente che c'era. L'ho cercata dappertutto. Niente. Non l'ho rivista. Non era tra gli scaffali, non alle casse. Persa.

Questa cosa mi ha lasciato un filo di amarezza dentro, e ho dovuto riflettere su quante sono le occasioni che perdo, su come non agire immediatamente a volte ci fa perdere momenti importanti della nostra vita.
Purtroppo la vita non è un film, le porte scorrevoli del supermarket sono reali, e la mia vita è una, quella che è, e non quella che potrebbe essere. Quello va bene solo al cinema.

martedì 9 dicembre 2008

Una tazza di caffè


Alle cose ci si pensa meglio il giorno dopo.
Niente di meglio che una bella tazza di caffè, per schiarirsi la mente, per lasciare quella specie di terra di nessuno della coscienza quando ci stiamo svegliando, quando, come potremmo dire in gergo informatico, si comincia a ricollegare le varie periferiche: gambe, braccia, occhi, cervello... e cuore. In quel tempo in cui la nostra mano compie il semplice movimento di girare il cucchiaiono nella tazza, per sciogliere lo zucchero...ma quanto dura quel tempo, a volte! A me stamani è durato davvero molto. Per fortuna il tintinnare del cucchiaino contro il bordo della tazza mi ha risvegliato...
Bene, questo è il "day after"! Adesso mi fa uno strano effetto pensare a ieri sera come ad un evento passato... ma come passato? E' durato un flash, un battito d'ala, il tempo di sentire davvero il cuore in gola....

Ecco, un sorso di caffè bollente, la gola è la stessa di ieri sera. Incredibile, ha resistito. Perchè dopo il tempo dell'attesa, delle chiacchiere oziose, del cercare di rendersi utili - che tanto non ci si riesce mai, e si è sempre d'intralcio - improvvisamente è tutto pronto, i collegamenti degli strumenti, del mixer, delle casse, i controlli dei volumi, dei toni, la gente che arriva e noi che scaldiamo la voce quasi frettolosamente, e poi sembra che ci sia una sospensione del tempo, ma no, sono solo rimasto indietro, io e L'Eliduin, a chiacchierare, e ci vengono a chiamare, dobbiamo prepararci, è quasi tempo di cantare.

Nella stanza dove ci troviamo, la sacrestia della chiesa che ci ospita, siamo abbastanza stretti, e ci riscaldiamo un po' con lo stare vicini, ma c'e' tensione, sopratutto tra noi della scuola, ed è lunga la preparazione della fila per entrare in modo ordinato davanti all'altare, dove canteremo. Sembra quasi la preparazione della mossa del palio di Siena. Ascoltiamo quello che succede di la' con gli orecchi tesi... ecco, è il nostro momento.

Adesso... adesso.... passa tutto. In chiesa c'e abbastanza gente. Arriviamo battendo le mani a tempo, preparando il primo pezzo e lo sento, siamo felici, io sono felice. Arriviamo a posto, ci guardiamo brevemente, ci sorridiamo, il cuore si riscalda, siamo dove vogliamo essere, siamo quello che desideriamo essere, pronti a mettere tutto il nostro cuore, perchè questo vale davvero tutto il nostro cuore, adesso. La voce esce, quasi improvvisa... e il tempo passa,e non so dire null'altro di questo, della gioia di cantare, e sapere davvero che non è soltanto la nostra voce che canta. Siamo noi. Sono i Revolution Gospel Choir, che ci ospitano, sono gli strumentisti, bravissimi, che ci accompagnano, è il direttore della scuola gospel, la quale improvvisamente non si chiama più Prato Gospel School ma Prato Gospel Choir, perchè adesso abbiamo un pubblico, e qualcosa dovremo raccontargli...
Ma avvertiamo anche l'affetto e la partecipazione - sia emotiva che "fattiva" - della famiglia del nostro Direttore, il Coach.

Un sorso dopo l'altro il mio caffè si abbassa sempre di più.
Lasciamo la scena ai Revolution, andiamo a goderci il loro concerto, incontriamo alcuni amici dei Joyful, brevi saluti, ascoltiamo insieme, battiamo le mani, facciamo il tifo, cantiamo un po' (insomma, cantiamo, canta la Eli, che le sa tutte....)...

Il mio caffè è finito. Come al solito un po' di zucchero rimane sul fondo, e io lo raccolgo col cucchiaino, sono goloso.
Come? Ah, si. Insieme allo zucchero anche qualche puntino nero, un po' di polvere di caffè passata dal filtro. Ma non può niente contro la dolcezza di questo momento.

Grazie, Coach! Grazie, grazie a tutti!

Chi puo' dire se le nubi stanno arrivando, oppure se stanno andando via? corrono sulle ali del vento, si lasciano guardare, talvolta incutono timore, altre volte pace. Ma sempre il vento le porta con se'....
Ma il cielo, sopra le nuvole, è sempre azzurro e bellissimo, e vien voglia di perdercisi...

venerdì 5 dicembre 2008

Applausi


... E intanto la scuola gospel va avanti....E' vero che mi fa un certo effetto, quando verso le 20,30 del lunedì mi domandano, vedendomi uscire: "Dove vai?" e io che rispondo "a scuola"...
Meglio tardi che mai, disse quello! Ma tu guarda se uno si deve trovare a quasi 56 anni a fare queste cose! E' proprio vero il detto "chi non ha giocato da piccolo, gioca da grande".
Comunque sia, sono contento di questa scelta che ho fatto, e grazie ancora a chi mi ha buttato giù dallo scoglio...o mi ci ha buttato contro, a seconda dei punti di vista.

Adesso siamo tutti emozionati per il nostro primo piccolo concerto. Saremo ospiti di un evento organizzato dal coro "senior", faremo qualcosa insieme a loro, e così potremo rompere il ghiaccio davanti al pubblico senza troppi patemi d'animo, col nostro bel paracadute indossato e stretto. Il Coach, quello arcigno, ci vuole bene, e ce ne accorgiamo.
Ce ne accorgiamo quando ci corregge infinite volte (per quanto mi riguarda io vengo corretto almeno il doppio di infinite volte, sono uno zucchettone! E non mi venite a dire che il doppio di infinito non esiste). Quante cose da sistemare! L'intonazione, il tempo l'impostazione della voce, la pronuncia (io mi esprimo solitamente in tuscanenglish), e aggiungo io, il cuore e la faccia, che si devono sempre ricordare cosa stanno cantando.
E allora le nostre prove sembrano uno spezzatino nel mare in tempesta....onde su, onde giù, interruzioni, correzioni, ripeti, ripeti, tanto che a volte ti domandi se stiamo tutti parlando la stessa lingua, oppure no....

Per aiutarmi un po', io che sono di coccio, ascolto spesso le registrazioni delle lezioni e qualcosa imparo anche in questo modo, e posso arrivare alla lezione successiva un po' più preparato. Ma c'è un piccolo brano, tra quelli che ho nelle mie registrazioni....
Una sera un paio di lunedì orsono, alla fine di un pezzo, durante il quale il Coach non ci ha mai interrotti, è partito, tra noi, un applauso spontaneo, un applauso a noi stessi, che ci siamo riconosciuti in quello che avevamo appena cantato, che abbiamo riscaldato il nostro cuore con tutta la passione e l'amore messi nelle nostre voci, con l'impegno, la fatica, le correzioni che ci sono state fatte..... Una gioia. Volevo dire piccola, ma non è vero. Una grande gioia, una felicità che ci siamo raccontati l'un l'altro così, con un applauso. Per un attimo anche il Coach non mi è parso arcigno come al solito, e la sua bocca si è allargata, non per dirci come vanno cantate le "E" e le "I", ma in un sorriso. Ma com'è bello cantare insieme!