giovedì 25 dicembre 2008

Never Alone


Sono un po' duro, lo so.
Mi ci è voluto un po' di tempo, alla scuola gospel (hey, Coach, come stai?) a capire questa canzone.... certamente perchè io in inglese devo mettere insieme le parole con calma, e quando ho finito posso cominciare a cercare di capirne il significato. Ma è una scuola, e allora si impara. Figuriamoci, imparo anche io!
Dev'essere che mi mette in imbarazzo quel linguaggio così semplice, immediato, che non c'e' da pensarci troppo, ma basta dire: " ah, ecco", e le parole che sono passate quasi senza colpo ferire dai tuoi orecchi già rimbombano nel cuore con un fracasso assordante..... ma forse mi sbaglio, forse è un sussurro, soltanto un sussurro, capace di coprire pian piano ogni altro rumore, capace, dolcemente, di carpire ogni attenzione.
E allora scopri, per esempio, che una canzone che non ti piaceva - stranger - racconta proprio il nostro incontro - scontro con l'altro, col diverso, con lo sconosciuto, lo straniero.
E sta lì a dirci che invece quello "straniero" non è così straniero. Che quando quello straniero si avvicina a te non ti chiede il codice fiscale, e nemmeno come ti chiami. E' uno che sa già tutto quello che c'e' da sapere, anzi. Semplicemente SA TUTTO. Ma oh, non scherziamo, sa tutto facendo passare tutto attraverso l'amore, e chi lo incontra - quello straniero di Galilea - incontra l'Amore, la Misericordia, la Pace, la Fiducia.
Finalmente si colma un vuoto antico:
" O Dio, tu sei il mio Dio
dall'aurora ti cerco,
di te ha sete l'anima mia" gridava il salmista....
Ma strano il nostro cercare, che non ha mosso un passo, un dito, verso di Te.
Ci convinciamo che siamo venuti a cercarti, ma sei Tu che ti lasci trovare, sei tu che ci segui nel nostro vagare, sei tu che ci accompagni.
"Se prendo le ali dell'aurora per abitare ai confini del mare
anche là mi segue la tua mano"
"Nemmeno le tenebre per te sono scure,
e la notte è chiara come il giorno." ....

"Never Alone" c'era scritto sul foglio, "I don't have to worry, 'cause I'm never alone", e io non riuscivo a dirlo giusto, il Coach mi ha corretto e ricorretto, ha ripetuto con me e per me, e anche così le cose si capiscono, anche così le cose ci entrano dentro, e prendono vita, e diventano parte di noi stessi.

Mai solo. Non mi devo preoccupare di niente, da ora in poi, perchè non sarò mai solo.

"Gloria a Dio nell'alto dei cieli, e pace in terra agli uomini che Egli ama!"
Buon Natale a tutti!

"Io sono tranquillo e sereno
come bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è l’anima mia.
Speri Israele nel Signore, ora e sempre."

(dal salmo 130)

sabato 20 dicembre 2008

Somebody is knocking at your door



Viviamo in un'era tecnologica ( o almeno a noi pare così, chissà cosa diremo del domani!), un tempo nel quale si usano sms, e_mails, blogs, forums, s, s, s, - insomma, qualunque cosa sia, purchè sia tecnologica, internettosa e in quantità industriale. Riusciamo così a convincerci che se anche i contenuti sono scarsi la quantità e la tecnologia possono sopperire alla mancanza di cervello.

Già, bisogna notare, non ci si telefona, ci sono gli sms, e se anche il telefono del nostro interlocutore è spento vedrà il messaggino quando lo riaccende. Telefoniamo solo in caso di assoluta necessità e urgenza.
Così tutti noi, nelle nostre case, nei nostri palazzoni, abbiamo file di campanelli coi nomi scritti belli chiari. Anche questi già passati di moda. Adesso sei sicuro che se qualcuno suona il tuo campanello è solo uno scherzo di qualche ragazzino. Chi vuoi che si azzardi a disturbare la tua quiete con un incontro faccia a faccia?
Stiamo alzando attorno a noi un muro di elettronica separazione. Una cortina di vigile indifferenza. Mettiamo, nelle nostre chat, un disco rosso con una striscia bianca orizzontale per dire: "ci sono, ma non voglio parlare". Usiamo, sui nostri cellulari, nascondere il nostro numero, arrogandoci il diritto di parlare con chi vogliamo, e di non farci disturbare da nessuno, se non pochi eletti nella nostra rubrica.

Alcuni giorni orsono, ero al computer, sento una botta al vetro della porta finestra. Sarà stato uno dei gatti, penso. Poco dopo, un'altra botta. Non ho nemmeno girato gli occhi.
Il sole, piegandosi nel suo percorso quotidiano, mi ha colpito improvviso, disturbandomi. Ho girato gli occhi verso il vetro, colpevole di aver dato al sole la password per entrarmi in casa.

Sul vetro, evidenziata dal sole, stampata a chiare lettere, la delusione di un povero piccione che cercava di venire a farmi visita, ma si è schiantato contro la mia porta chiusa.
Un giorno, spero, capiremo.
Un giorno. Spero che non sia troppo tardi.

giovedì 18 dicembre 2008

Sliding doors


Due giorni orsono, uscendo dal supermarket dopo aver cambiato la moneta per prendere un carrello, ho incrociato una vecchia collega di lavoro. Lei non mi ha notato, e io ho pensato che l'avrei raggiunta subito, appena recuperato un carrello per la spesa.
Abbiamo lavorato insieme negli anni '80, e la ricordo come una persona gentile, premurosa, attenta come sanno essere attente le persone di una certa età. Aveva allora circa 50 anni, io poco più di trenta. A volte ci invitava a pranzo a casa sua, a mangiare il polpo, e ci diceva sempre: "Fermati, quando passi, ti faccio un caffè. "
Ma ho sempre avvertito la differenza di età, che mi dava un po' soggezione, e poi lei stessa era assai riservata, come si conviene ad una persona che vive sola col fratello, anche lui non sposato.

Ho preso il mio carrello, e sono rientrato nel negozio. Avevo poca roba da prendere, e mi sono subito messo a cercare la mia amica. Ma non l'ho ritrovata, e mi sembra impossibile, data la poca gente che c'era. L'ho cercata dappertutto. Niente. Non l'ho rivista. Non era tra gli scaffali, non alle casse. Persa.

Questa cosa mi ha lasciato un filo di amarezza dentro, e ho dovuto riflettere su quante sono le occasioni che perdo, su come non agire immediatamente a volte ci fa perdere momenti importanti della nostra vita.
Purtroppo la vita non è un film, le porte scorrevoli del supermarket sono reali, e la mia vita è una, quella che è, e non quella che potrebbe essere. Quello va bene solo al cinema.

martedì 9 dicembre 2008

Una tazza di caffè


Alle cose ci si pensa meglio il giorno dopo.
Niente di meglio che una bella tazza di caffè, per schiarirsi la mente, per lasciare quella specie di terra di nessuno della coscienza quando ci stiamo svegliando, quando, come potremmo dire in gergo informatico, si comincia a ricollegare le varie periferiche: gambe, braccia, occhi, cervello... e cuore. In quel tempo in cui la nostra mano compie il semplice movimento di girare il cucchiaiono nella tazza, per sciogliere lo zucchero...ma quanto dura quel tempo, a volte! A me stamani è durato davvero molto. Per fortuna il tintinnare del cucchiaino contro il bordo della tazza mi ha risvegliato...
Bene, questo è il "day after"! Adesso mi fa uno strano effetto pensare a ieri sera come ad un evento passato... ma come passato? E' durato un flash, un battito d'ala, il tempo di sentire davvero il cuore in gola....

Ecco, un sorso di caffè bollente, la gola è la stessa di ieri sera. Incredibile, ha resistito. Perchè dopo il tempo dell'attesa, delle chiacchiere oziose, del cercare di rendersi utili - che tanto non ci si riesce mai, e si è sempre d'intralcio - improvvisamente è tutto pronto, i collegamenti degli strumenti, del mixer, delle casse, i controlli dei volumi, dei toni, la gente che arriva e noi che scaldiamo la voce quasi frettolosamente, e poi sembra che ci sia una sospensione del tempo, ma no, sono solo rimasto indietro, io e L'Eliduin, a chiacchierare, e ci vengono a chiamare, dobbiamo prepararci, è quasi tempo di cantare.

Nella stanza dove ci troviamo, la sacrestia della chiesa che ci ospita, siamo abbastanza stretti, e ci riscaldiamo un po' con lo stare vicini, ma c'e' tensione, sopratutto tra noi della scuola, ed è lunga la preparazione della fila per entrare in modo ordinato davanti all'altare, dove canteremo. Sembra quasi la preparazione della mossa del palio di Siena. Ascoltiamo quello che succede di la' con gli orecchi tesi... ecco, è il nostro momento.

Adesso... adesso.... passa tutto. In chiesa c'e abbastanza gente. Arriviamo battendo le mani a tempo, preparando il primo pezzo e lo sento, siamo felici, io sono felice. Arriviamo a posto, ci guardiamo brevemente, ci sorridiamo, il cuore si riscalda, siamo dove vogliamo essere, siamo quello che desideriamo essere, pronti a mettere tutto il nostro cuore, perchè questo vale davvero tutto il nostro cuore, adesso. La voce esce, quasi improvvisa... e il tempo passa,e non so dire null'altro di questo, della gioia di cantare, e sapere davvero che non è soltanto la nostra voce che canta. Siamo noi. Sono i Revolution Gospel Choir, che ci ospitano, sono gli strumentisti, bravissimi, che ci accompagnano, è il direttore della scuola gospel, la quale improvvisamente non si chiama più Prato Gospel School ma Prato Gospel Choir, perchè adesso abbiamo un pubblico, e qualcosa dovremo raccontargli...
Ma avvertiamo anche l'affetto e la partecipazione - sia emotiva che "fattiva" - della famiglia del nostro Direttore, il Coach.

Un sorso dopo l'altro il mio caffè si abbassa sempre di più.
Lasciamo la scena ai Revolution, andiamo a goderci il loro concerto, incontriamo alcuni amici dei Joyful, brevi saluti, ascoltiamo insieme, battiamo le mani, facciamo il tifo, cantiamo un po' (insomma, cantiamo, canta la Eli, che le sa tutte....)...

Il mio caffè è finito. Come al solito un po' di zucchero rimane sul fondo, e io lo raccolgo col cucchiaino, sono goloso.
Come? Ah, si. Insieme allo zucchero anche qualche puntino nero, un po' di polvere di caffè passata dal filtro. Ma non può niente contro la dolcezza di questo momento.

Grazie, Coach! Grazie, grazie a tutti!

Chi puo' dire se le nubi stanno arrivando, oppure se stanno andando via? corrono sulle ali del vento, si lasciano guardare, talvolta incutono timore, altre volte pace. Ma sempre il vento le porta con se'....
Ma il cielo, sopra le nuvole, è sempre azzurro e bellissimo, e vien voglia di perdercisi...

venerdì 5 dicembre 2008

Applausi


... E intanto la scuola gospel va avanti....E' vero che mi fa un certo effetto, quando verso le 20,30 del lunedì mi domandano, vedendomi uscire: "Dove vai?" e io che rispondo "a scuola"...
Meglio tardi che mai, disse quello! Ma tu guarda se uno si deve trovare a quasi 56 anni a fare queste cose! E' proprio vero il detto "chi non ha giocato da piccolo, gioca da grande".
Comunque sia, sono contento di questa scelta che ho fatto, e grazie ancora a chi mi ha buttato giù dallo scoglio...o mi ci ha buttato contro, a seconda dei punti di vista.

Adesso siamo tutti emozionati per il nostro primo piccolo concerto. Saremo ospiti di un evento organizzato dal coro "senior", faremo qualcosa insieme a loro, e così potremo rompere il ghiaccio davanti al pubblico senza troppi patemi d'animo, col nostro bel paracadute indossato e stretto. Il Coach, quello arcigno, ci vuole bene, e ce ne accorgiamo.
Ce ne accorgiamo quando ci corregge infinite volte (per quanto mi riguarda io vengo corretto almeno il doppio di infinite volte, sono uno zucchettone! E non mi venite a dire che il doppio di infinito non esiste). Quante cose da sistemare! L'intonazione, il tempo l'impostazione della voce, la pronuncia (io mi esprimo solitamente in tuscanenglish), e aggiungo io, il cuore e la faccia, che si devono sempre ricordare cosa stanno cantando.
E allora le nostre prove sembrano uno spezzatino nel mare in tempesta....onde su, onde giù, interruzioni, correzioni, ripeti, ripeti, tanto che a volte ti domandi se stiamo tutti parlando la stessa lingua, oppure no....

Per aiutarmi un po', io che sono di coccio, ascolto spesso le registrazioni delle lezioni e qualcosa imparo anche in questo modo, e posso arrivare alla lezione successiva un po' più preparato. Ma c'è un piccolo brano, tra quelli che ho nelle mie registrazioni....
Una sera un paio di lunedì orsono, alla fine di un pezzo, durante il quale il Coach non ci ha mai interrotti, è partito, tra noi, un applauso spontaneo, un applauso a noi stessi, che ci siamo riconosciuti in quello che avevamo appena cantato, che abbiamo riscaldato il nostro cuore con tutta la passione e l'amore messi nelle nostre voci, con l'impegno, la fatica, le correzioni che ci sono state fatte..... Una gioia. Volevo dire piccola, ma non è vero. Una grande gioia, una felicità che ci siamo raccontati l'un l'altro così, con un applauso. Per un attimo anche il Coach non mi è parso arcigno come al solito, e la sua bocca si è allargata, non per dirci come vanno cantate le "E" e le "I", ma in un sorriso. Ma com'è bello cantare insieme!

venerdì 28 novembre 2008

Quando la musica decide da se'.


Dopo il post "Cantando", ripropongo anche qui questo post, già ospitato altrove nel mese di maggio di quest'anno. Spero di non annoiarvi, ma queste sono le cose alle quali tengo. Si può comunque dissentire, ovviamente, e il campo dei commenti è sempre libero e a vostra disposizione.

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Causa alcuni stimoli urgenti e recenti (no, non sono andato in bagno, ma a sentire un concerto gospel) sono tornato a dare un occhiata sul tubo alla roba di Sister Act. Mi dovevo togliere dei dubbi (oh, Lilla, avevi ragione, una Joyful ragione) e poi non ho resistito, e mi sono risentito Oh happy day, col ragazzino quasi afono che poi trova coraggio e voce.

Come al solito mi sono commosso, si, quella cosa con le lacrime che scendono giu' e la faccia che si fa' strana strana. Perche' per me è una bella rappresentazione di un momento "magico" (parola schifosa, applicata al gospel, ma essendo pazienti si arriva al paradiso), il momento nel quale "la musica decide da se'" , e si lascia sentire di dentro, e ti fa capire che tu puoi essere anche il mezzo per farla uscire fuori.

Quando la musica decide da se', e ti avverte che non vuole stare piu' chiusa, e si libera.

Quando la musica decide da se', e ordina anche al cuore di andare a tempo. Il suo

Quando la musica decide da se'......

Quando la musica decide da se', anche il ragazzino afono di Sister act, alla fine torna al suo posto, e si guarda intorno, e nulla e' piu' come prima, e non si rende conto di come sia successo, ma ha capito di non essere piu' la stessa persona. Cavolo - pensa - proprio a me e' succesta questa cosa?

Se allora guardi anche in alto, o dentro al tuo cuore, tu che hai cantato, tu che hai dato il tuo cuore perche' suonasse la tua canzone, tu che hai aperto gli occhi, e visto cose nuove, tu che hai visto persone ridere, ballare, cantare con te, ed essere felici, tu che dicevi "solo la melodia vale" tu che pensavi di essere un flauto, un corno, un violino o un violoncello (ma quant'e' bello il violoncello, con quelle sue note profonde e vibranti, oh, si, solo melodia, solo melodia) ecco, se guardi in alto, o nel tuo cuore, che poi sono lo stesso posto, ti sentirai in pace, ti sentirai completo, felice.

Non a caso spesso nel gospel si canta "l'origine della nostra forza" . Dio, nostro rifugio e scudo, nostro sostegno e riparo.

Dice il salmo 121:

Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l'aiuto?

Il mio aiuto viene dal Signore,
che ha fatto cielo e terra.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.

Non si addormenterà, non prenderà sonno,
il custode d'Israele.

Il Signore è il tuo custode,
il Signore è come ombra che ti copre,
e sta alla tua destra.

Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.

Il Signore ti proteggerà da ogni male,
egli proteggerà la tua vita.

Il Signore veglierà su di te,

quando esci e quando entri,
da ora e per sempre. (Salmo 121)

ma in TOTAL PRAISE si passa subito al sodo, alla fede certa:

Signore, voglio alzare i miei occhi verso le colline

ma so gia' che il mio aiuto viene da te.

Tu mi doni la tua pace

(oh, la pace, che dono meraviglioso, il primo dono del Risorto)

finche' dura la tempesta

(oh, Signore, tu non perdi mica tempo a darmi pace in un bel giorno col sole nel cielo e gli uccelli che cinguettano, tu vieni durante la tempesta)

Tu, sorgente della mia forza;

Tu, forza che mi tiene in vita,

A Te innalzo le mie mani lodando tutto di te.

AMEN

E se dici quell'AMEN prova a cantare ancora come se tu fossi un flauto, un clarino o un violoncello. Avrai un a sola possibilita' una solo opzione:

Cantare come un figlio di Dio.

Oh, quando la musica decide da se'......


giovedì 27 novembre 2008

Giorni di festa



Siamo strani, mi pare, o forse siamo soltanto umani. Abbiamo bisogno, ogni tanto (beh, per l'esattezza: ogni anno) di celebrare date particolari, eventi della vita della nostra Nazione, o della nostra fede, che hanno una particolare importanza. Se da una parte tutto ciò è bello, dall'altra mi vien da pensare che se non ci fosse la festa si perderebbe anche la ragione della festa.
Faccio un esempio: abbiamo la festa della liberazione, grande festa! Ma negli altri giorni, cosa succede? Ci dimentichiamo della libertà? Del prezzo che è stato pagato per conquistarla? Di coloro che hanno dato la vita? Ci ricordiamo della libertà? Ci sentiamo liberi? A cosa serve una festa se non ci rendiamo conto che l'evento legato a quella festa ha cambiato profondamente la nostra vita?

Parlando delle feste religiose: abbiamo chiaro dentro di noi che dopo quel primo natale di cui facciamo memoria ogni 25 dicembre il mondo è cambiato? Che il Verbo di Dio si è fatto carne e da allora Egli è l'Emmanuele, il Dio - con - noi? Com'e' possibile talvolta sentirsi soli, abbandonati (e succede, succede anche a me!)? E questo vale per ogni festa in cui facciamo memoria di un evento. Il fatto è avvenuto, ora a noi resta da renderlo reale ogni giorno.
La settimana scorsa, alla Scuola Gospel, abbiamo cominciato ad orecchiare (io ho cominciato, gli altri la conoscevano già) un brano bellissimo, semplice, gioioso -eh, se non era gioioso non se ne parlava nemmeno- "Every day is the day of Thanksgivin' " ,che dice, piu' o meno:

Ogni giorno è un giorno del Ringraziamento.
Dio è stato tanto buono con me,
ogni giorno Egli mi dona la sua benedizione.
Prenditi il tempo, adesso, e da' gloria al Signore."

Ma tu guarda il caso, adesso, oggi, proprio oggi, è il "Thanksgivin'Day". La festa ricorda il primo raccolto dei Pellegrini in terra d'America, che fu vissuto come "provvidenza di Dio".
Ma, dico io, per coloro che credono in Dio, per coloro che pregano spesso, forse ogni giorno con le parole del Padre nostro "dacci oggi il nostro pane quotidiano", e che continuano a mangiare, giorno dopo giorno, ritenendosi debitori solo verso se' stessi della ricchezza che si sono procacciati, ma un piccolo dubbio non viene?
E quante sono davvero le cose per le quali dovremmo prendere il tempo e ringraziare il Signore?
Per quanto mi riguarda vorrei oggi ringraziarlo per il dono degli amici, dono prezioso, bellissimo, che sento particolarmente in questi giorni un po' speciali.

Eli, Coach, non vi fischiano un po' gli orecchi?

***ho proprio voglia di far festa! ***

domenica 23 novembre 2008

You raise me up


Vabbe', non è tutto perfetto. In me, nella mia vita, nella percezione che io ho di me stesso. Non è tutto perfetto, perchè io uso parole delicate, spesso, e non mi voglio ferire, ho paura di farmi troppo male. Non è tutto perfetto, perchè? Ma cosa, ti pare che tutto sia perfetto intorno a te? No, ma cavolo, io vorrei essere non dico perfetto, ma almeno accettabile. va', nella media.
Parlo con le persone e riesco immancabilmente a far capire fischi per fiaschi, e quando succede, e nessuno parlava di fischi e di fiaschi, ma di cose piu' importanti; e quando vorresti essere una mano tesa, ma dico, mica una mano tesa speciale, una mano che alza i palazzi, nooooo...una semplice mano umana, una mano tesa, un contatto tra persone, poco più di quello che succede quando nella folla sfioriamo l'esistenza degli altri. Una piccola, povera, mano tesa. Perchè noi umani abbiamo questo bellissimo gesto del tendere la mano, che è il principio dell'uscire da se' stessi, molto prima dell'abbraccio, che è vera terapia.... Una mano tesa, perchè io ho bisogno di sentirmi vicino a te, perchè non voglio pensarmi indifferente, chiuso. Perchè tra me e te, chiunque tu sia, si sono passati momenti belli e voglio farti sapere che per me sei importante anche quando non mi fai sorridere, non mi fai cantare.

Ma rimane il fatto che non tutto è perfetto, in me. Allora, quando "penso positivo" dico a me stesso: "ma che fortuna, guarda che grandi margini di miglioramento che hai", ma quando sono giu' mi sento proprio di m..... (non ho contato i puntini).
Non so cosa sia, forse il mio lato scuro (ma ora è un po' troppo che dura) forse non so accettarmi, forse trovo piu' semplice guardarmi dall'alto (dove vorrei essere) e vedermi laggiu' in fondo, piccino....

Di solito vado d'accordo con tutti, mi piace stare in compagnia, anche se non ho grandi argomenti di conversazione, ma alcune persone pian piano sono diventate importanti. Non mi sono mai confidato con nessuno, non ho mai aperto il mio cuore. Ma succede che alcuni abbiano il potere di risollevarmi, con la loro presenza, col loro essere quello che sono, coi "regali " che mi fanno.

Adesso ha preso campo la musica. La sento dentro, e non ho ancora deciso se mi sta mangiando la vita, o se me la sta donando ancora goccia a goccia.
Mi scappa da ridere, quando mi guardo allo specchio, mi sento buffo a pensare che io canto, che io voglio cantare, che mi piace cantare, e tutto il mio cuore se ne va' a spasso mentre canto coi miei amici del coro, o ancor di più, alla scuola gospel, o anche quando sono da solo. Io canto.
Ma ieri, e stamattina proprio prima di decidere per questo post, ho ascoltato Josh Groban che è vero, mi fa piangere, ma di nascosto lo posso ancora fare. Perchè devo recuperare la mia sensibilità, la mia verità, perchè non posso vivere per sempre a rimorchio dei miei amici.
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Questo post vorrebbe dire due cose:
Scusa: a tutti quelli che hanno fiducia in me, e io non ho saputo meritarmela.
Grazie: a tutti quelli che in un modo o nell'altro mi hanno manifestato la loro amicizia, la loro benevolenza, il loro affetto. Non possono immaginare quanto sia importante per me.

venerdì 21 novembre 2008

1) Amazing Grace

Tag: SINGIN' THE GOSPEL

Vorrei iniziare con questo post una serie di commenti ai brani che impareremo alla scuola gospel che frequentiamo io e l'Eliduin. Questi commenti non hanno nessuna pretesa, se non quella di far da cassa di risonanza ai suggerimenti che salgono dal cuore cantando, cercando una strada per raccontare il gospel, il vangelo, a tutto il mondo. Saranno sempre graditi i vostri commenti, se ne avete. Chissà cosa ne verrà fuori?

Amazing grace

Mi ha colpito, e da un po' ci penso, una particolarità di questo antico inno. Sembra quasi scritto, almeno il primo verso, per dare indicazioni all'ascoltatore, sembra quasi voglia dire: "Attento! Tu che sei stato salvato, tu che sei stato redento dal Signore, tu che hai visto la tua sorte mutata, la tua condanna cancellata. Attento!"
.....Attento, perchè il detto "fatta la grazia, gabbato lo santo" sta sempre dietro l'uscio. Per aiutarci a mantenere viva l'attenzione, il buon John Newton inserisce due frasi:
la prima: "I once was lost, but now I am found."
"Un tempo ero perduto, ma ora sono ritrovato"
la seconda: "Was blind but now I see."
"ero cieco ma adesso io vedo"

La prima frase mi riporta alla mente la parabola del " Padre Misericordioso", detta anche "del figliol prodigo". (Luca 15) "Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".

In questa frase il ricordo della misericordia del Padre, della pazienza del Padre, dell'amore del Padre, di quell'amore che ci rinnova, che ci dona vita, che ci chiama figli anche quando abbiamo ripudiato ogni figliolanza, quell'amore che si prende cura, che non abbandona, che attende, che spera. Quella misericordia che certamente John Newton ha sentito su di se quando per lui è crollato il mondo fatto di denaro, di certezze, di sopraffazione, quando il suo cuore si è aperto, o forse è stato aperto, ed è stato inondato dall'amore. "Amazing grace, how sweet the sound that save a wretch like me!" Anche lui è stato ritrovato, lui che era perduto, è tornato a casa.

La seconda frase mi porta al racconto evangelico del cieco nato (Luca 9), che ha questo epilogo:

"23 Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l'età, chiedetelo a lui!».
24 Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore». 25 Quegli rispose: «Se sia un peccatore, non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo». 26 Allora gli dissero di nuovo: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27 Rispose loro: «Ve l'ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28 Allora lo insultarono e gli dissero: «Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè! 29 Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30 Rispose loro quell'uomo: «Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31 Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32 Da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33 Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla».

Ci parla della necessità di testimoniare. Ero cieco, adesso ci vedo.
Chiedete, e vi dirò quello che è successo, e seppure non chiederete voi tutti mi conoscete, mi avete visto mendicare, seduto agli angoli delle strade. Ero cieco, ma Gesù mi ha guarito. Cos'altro posso dire?
Preghiamo che il Signore ci doni la forza di accettare la sua misericordia nella nostra vita, e anche il coraggio e la fermezza per testimoniarla ogni volta che ce ne sarà chiesta ragione!




mercoledì 19 novembre 2008

Sorriso


Mercoledì pomeriggio, sto lavorando. (curiosi! lavoro in una fonderia, il mio lavoro consiste nel produrre anime - oh, yes, anime! - ad una macchina sparaanime. Lavoro non faticoso, ma noioso. Oggi, 600 pezzi tutti uguali. Prendi, appoggia, spara, prendi appoggia sparaprendiappoggiaspararendiappoggiasparapre.....)
Per fortuna l'MP3 mi manda a tutta canna la registrazione di lunedì scorso alla scuola gospel, e il tempo passa un po' meglio (correggo: MOLTO meglio)
Ad un tratto, avverto un movimento alle mie spalle, mi volto e vedo un collega marocchino, molto giovane, che mi guarda divertito.
"dai, dai, continua, ti sentivo cantare, ti vedevo saltellare.... " (accidenti, dovevo davvero essere uno spetttacolo)
"beh, - dico io - anche a te farebbe bene (faccio il gesto ai lati della bocca) sorridere un po', non pensi?"
"Eh, sì, magari, ma mica mi posso stampare un sorriso falso sulla faccia! Quello non mi piacerebbe davvero, a cosa serve?"
"Ah, no, il sorriso ce lo devi mettere vero"
"Sì, sembra facile, stando qui...." risponde lui.
"Ok, ti dico cosa stavo ascoltando, va bene? Allora, vediamo: Gloria (gloria a Dio, anche tu spero sia d'accordo su questo, no?)"
"
Certo, va benissimo"
"Alleluia! - che vuol dire «Lode a Dio», sei d'accordo anche con questo, no?"
"Si si, va bene"
"Okkey! Ora la parte più difficile: "Da quando ho lasciato cadere i pesi della mia vita" (ovviamente li ho lasciati nelle mani di Colui che li puo' portare) Insomma, ci vuole fiducia in Dio! E dopo, prova a sorridere! Vedrai, sarà senz'altro piu' semplice."
Se n'e' andato ridacchiando, probabilmente dicendo:"Ah, questi cristiani!" ma....
L'ho incontrato mentre stavo uscendo. Il suo sorriso mi è sembrato diverso.
E non era affatto falso.


Glory, glory hallelujah
Since I laid my burden down

domenica 16 novembre 2008

Conchiglia e bastone

(Questa immagine appartiene a Giulia Corti)

Tanto lo sapevamo, mia moglie ed io, che quest'anno ci toccava. Giulia, la nostra "piccola" (21 anni) ha deciso di andare a fare il cammino di Santiago, e non ci sarebbe stato modo di dissuaderla. Ma diciamola tutta, anche a me sarebbe piaciuto farlo, è "il cammino", quello vero, e la conchiglia e il bastone del pellegrino.... per cui uno ci prova, per un po', a dire, ma pensaci, ma è un'impresa grossa eccetera eccetera, ma poi, c'e' poco da fare.
E dunque è partita, col suo amico Francesco, loro tranquilli e sereni, noi col cuore stretto stretto. Ma, devo dire, ci hanno fatti stare tranquilli. Hanno chiamato tutti i giorni, e ho sentito Giulia sempre contenta, sempre entusiasta, anche quando per le vesciche ai piedi è dovuta ricorrere alle cure del pronto soccorso (e ho visto i piedi dopo un mese e mezzo, e non era davvero un bello spettacolo). Ma sono andati sempre avanti, e alla fine mi è arrivato un mms con la foto del santuario di Santiago.... è stata davvero una gioia, e sono stato felice e fiero. 800 km a piedi, 32 giorni, non sono mica uno scherzo! Comunque, dopo pochi giorni di relax a Santiago e una puntata a Finisterre, sono tornati.
Giulia non ci ha raccontato molto, ma la vedevamo felice, serena, soddisfatta, e questo ci bastava. Qualche piccola curiosità, l'emozione di arrivare a Santiago....
Era ottobre, se non sbaglio, verso la metà, e Giulia mi ha chiesto l'auto per la domenica, voleva andare insieme ad una amica al mio paese natale, Sillicagnana (a proposito, dato che mi dicono che di queste cose non ho mai parlato, o quasi, per vedere un po' della storia della mia famiglia e l'avìto paesello, coloro che lo desiderano possono sbirciare qui) e qualcosa della Garfagnana.
Andata e tornata, come al solito senza commenti, senza raccontare nulla, se non le strade folli che il navigatore ha fatto loro percorrere....

Avevo messo anche io in programma di andare a Sillicagnana. Avevo proposto alla nostra Eli(e al Gandalf), e anche alla nostra amica Lucia di accompagnarmi ma impegni sopraggiunti loro all'ultimo minuto mi hanno costretto a fare il viaggio da solo.

Nel viaggio di ritorno son voluto tornare al parco dell'Orecchiella, per vederlo nella sua veste autunnale. Bellissimo, bellissimo.
Sono tornato a vedere il posto dove un giorno d'agosto del 1972 siamo stati con tutta la famiglia, mio padre, mia madre, mio fratello, la sua fidanzata, una coppia di amici di mio fratello e mio zio.
Mi ricordavo la Faggia della Vipera, e il prato davanti e il bosco alle spalle, con la piccola sorgente freschissima, e le risate, e il vino, e la polenta, io che suonavo la chitarra e i canti sgangherati, e la bandiera, fatta con un sacchetto di plastica e la scritta di succo di mirtillo "gruppo Firenze" ....
Il bosco, adesso, era un tappeto di foglie rosse, e gli alberi dritti, chiari, quasi stretti gli uni agli altri, e il grande prato sembrava poco piu' che una radura.
Un po' di nostalgia, per quello che è stato e sarà sempre un ricordo gioioso della mia famiglia, e un attimo di commozione.

Perchè noi ci sentiamo bravi, giusti, perchè non riusciamo a capire gli altri, i figli , soprattutto, che sentiamo superficiali, ma solo perchè non ci dicono tutto...
La mattina ero stato al cimitero, a trovare papà e mamma. Non c'era nessuno, la giornata era bellissima, qualche nuvola in giro per il cielo, qualche bruma in basso, nella valle.

Il cimitero del mio paese è davvero un luogo di pace. Mi sono avvicinato alle tombe dei miei e ho visto che qualcuno aveva messo una qualche medaglietta legata alla lampada votiva del babbo.... vabbe' ognuno si accomoda e fa' come gli pare, ma vedo che ce l'ha uguale anche mia madre, guardo meglio, ho sentito davvero un colpo al cuore. Non erano medagliette ma due piccole conchiglie , segno del cammino di Santiago, lasciate da Giulia, portate da Giulia. Ne sono sempre piu' convinto: chi cammina non è mai solo.

martedì 11 novembre 2008

Storia di mare, di Sirene e di naufraghi


Insomma, dai picchia e mena la Eliduin mi ha convinto ad andare a sentire una prova della Scuola Gospel della nostra città. Scuola nuova, idea nuova, tutto nuovo.
"Ma dai vieni, ma di che hai paura, ma vieni a sentire, a te piacerebbe, s'impara qualcosa... " ... sembrava proprio che avesse studiato dalle mitiche Sirene, e io vedevo l'affilato scoglio avvicinarsi sempre piu'... insomma, uno scoglio è sempre uno scoglio, no? Il mondo ne è pieno! E poi, magari sullo scoglio ci trovo qualche mitile, qualche cozza, insomma, e non muoio di fame...
Vabbe', dai, vengo.... o Sirena, ma siamo sicuri, eh? Dai, dai, te lo dico io....
(E poi bisogna considerare che all'improvviso mi sono ritrovato con tre lunedì liberi, imprevisti, e una breve serie di strane circostanze che mi incoraggiavano, come onde, ad andarmi a sfracellare, io e la mia grossa mole, sul duro scoglio, nudo e senza cozze)
MA ICCHE' TTU'MM'HA' DETTO!

Allora, la cosa è andata così:

"Ecco, Coach, questo è un amico che canta con me, è venuto a sentire...."
"Ciao, Coach, mi chiamo Brandy, spero di non disturbare; la Sir... l'Eliduin ha tanto insistito ed è tanto entusiasta di questo scogl... pardon, di questa scuola..."
"Ciao, Brandy, benvenuto. Ma qui a raccattare cozze non vien nessuno... volevo dire, a sentire non vien nessuno. Porte aperte per chi canta, e chi non canta parte"
"Ma io.... me..... lo scoglio..... non so nuotar... volevo dire, non so niente, come faccio a cantare?"
"Zitto e canta"
In effetti notavo già una certa difficoltà nel cantare zitto, ma il Coach è arcigno, anche se finge di sorridere, e si vede che finge, che non ha i baffi come me.
Insomma, è andata che dovevano preparare una festa e, con la scusa degli esercizi di respirazione, mi hanno fatto gonfiare tutti i palloncini A ME che c'ho anche l'enfisema...
Finalmente, sono finiti i palloncini (non ne ho scoppiato nemmeno uno, dice il Coach che come gonfiatore di palloncini faccio proprio pena, e la prossima volta di portarmi la bombola che tanto non c'e' speranza) e abbiamo iniziato a cantare.

E qui devo, come si suol dire in questi casi, cambiare registro.

Abbiamo provato due brani e bisogna dire che la tecnica del Coach è forte, e si impara in breve tempo, anche se pare di stare nel mare in tempesta, ma non sullo scoglio, ma in mezzo alle onde, dove non si tocca.
Bisogna cantare e basta.
Ma il grosso problema, se così lo vogliamo chiamare, è stato il secondo brano. Sempre quel maledetto caso (come lo chiamiamo noi della Contea), quell'assurda fatalità, quel tranello, quella botola che ti si apre sotto i piedi.
Maledette "terzine" di Amazing grace, che ti entrano in fila indiana nel cuore mentre tu cerchi di cantare antiche parole di meraviglia, mentre ti ascolti, e ti lasci trascinare in un percorso imprevisto, in una danza del cuore, in una gioia che ti si pianta dentro, nel trovare, finalmente, l'armonia con te stesso e con gli altri.
E sembra davvero di essere nel mare, ed essere cullato, e lasciarsi cullare, e sentire la corrente che ti trascina e non sai dove, ma tanto, di cosa ti preoccupi, il mare, il Mare si occuperà di tutto.
Amazing grace... , John Newton, cosa hai sentito, cosa hai visto, cosa hai trovato quando hai scritto"how sweet the sound that save a wretch like me"?
Io sento il bellissimo arrangiamento del maestro Nehemiah Brown, e anche il mio cuore è toccato da questo suono, e vorrebbe trovare il modo di dire grazie, di cantare grazie, di gridare grazie a tutte le sirene del mondo, a tutti gli scogli senza cozze, alle onde del mare, e al caso, come diciamo noi della Contea.

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Ma poi, ma poi... sei tornato a casa e ti senti diverso, e come un calore innaturale, che par febbre, ti ricorda che hai iniziato una strada nuova, anzi, no, che hai visto la scia di una nave e cerchi di seguirla, prima che scompaia, prima che ti abbandoni nella solitudine, prima di diventare definitivamente un naufrago senza zattera e senza salvagente, costretto a seguire l'unica nave nel tuo mare, l'unica che abbia una bussola, che sappia la strada.
Continui a nuotare nella scia, anche se senti di non poter competere coi grandi motori marini, coi grandi naviganti, con le bussole giroscopiche, il GPS e via di seguito.
Non vuoi essere un naufrago, un senza terra, un disperso.
Approfitterai delle creste delle onde per guardare lontano, quando ce ne sarà l'occasione, e quando sarai nel profondo incavo del mare, aspetterai.

"I once was lost, but now I'm found"


martedì 28 ottobre 2008

Potter dei Soffiatromba




So già che non è adatta, la mia bottiglia di vino rosso, a dire tutto quello che vorrei dire, a portare tutto quello che vorrei portare, ma la richiesta era "non portare nulla".... beh, una bottiglia, mi perdoneranno.
Mia figlia Giulia non è potuta venire con me, anche se le sarebbe piaciuto. Un altro impegno, anche questo importante, e io sono da solo in macchina, adesso, nell'ultima sera con l'ora legale, in questa luce che si dirada in ombra, in buio, in notte, mentre affronto la salita della Consuma, verso il bosco di Vallombrosa, bosco di mistero e di meraviglie, che come uno scrigno si apre, piano, nel percorso della strada bianca, ultima deviazione prima del passo, sinuosa galleria di alti alberi, di foglie dorate, di vita che si prepara all'attesa dell'inverno senza fermarsi, senza finire, nel cambio continuo delle stagioni e dei doni, nel cadere delle foglie e nel crescere di nuova vita, nel saper aspettare e nel voler vivere. Come nelle migliori fiabe, una luce nella notte mi appare, sempre piu' vicina, quando mi stavo chiedendo se per caso non avessi sbagliato strada, e mi dà il benvenuto, sono arrivato a casa dei miei amici, i "Potter" i vasai, i ceramisti abilissimi, Sandra e Stefano, e i loro due bellissimi figli, Lapo ed Emma, belli e chiari come un mattino di sole.
Non so ancora chi ci sarà dei Soffiatromba di Firenze e Prato - la "famiglia" di appassionati tolkieniani ormai purtroppo in disarmo, non so chi avrà risposto, chi sentirà la nostalgia. Rex, un pilastro della famiglia, è a Malaga a fingere di studiare, altri via via ci hanno abbandonati, noi, allegra banda, sempre amici, noi....
Parcheggio accanto alla macchina dei Potter, e attraverso l'aia fino alla porta di casa, picchio, e subito la porta si apre, e mi trovo nell'abbraccio di Stefano e di Lapo, e ecco anche Emma, bellissima. La Sandra la trovo in casa, invece, intenta a infornare focaccine e pizzette, e il suo è un abbraccio un po' infarinato, ma l'affetto è sempre quello. Tardi ci siamo conosciuti, coi Potter, e forse troppo presto è finita la nostra stagione, o forse no, giusto in tempo per sentire la loro mancanza, quando non siamo insieme. In fondo sentiamo la loro casa nel bosco di Vallombrosa un po' come la nostra casa, un po' come se fossero loro i nostri genitori (ebbene, anche per me, perche' no, che sono piu' vecchio di loro) , loro, che non ci hanno mai fatto mancare il loro affetto e la loro attenzione.


Dopo di me arrivano anche Fritz e la Isi, e poi Ered con una amica. Nella casa dei Potter c'e' sempre posto per tutti gli amici.
Come si fa a raccontare l'allegria, gli scherzi, i ricordi, i racconti dei viaggi di Ered, le delizie della cucina della Sandra, la tranquilla ospitalità di Stefano, la dolcezza dei ragazzi?


Come non scoprire in un abbraccio con Fritz quanto ci siamo mancati, e quanto ci vogliamo bene? E nel nuovo look della Isi, quanto siamo cambiati, nel frattempo?
La casa è come i nostri ospiti, calda e affettuosa, della pazienza di chi raccoglie, osserva, ricorda, è il miglior posto dove trovarci, il peggiore per salutarci.
Alla fine non riesco a salutare nessuno come vorrei, come sarebbe da fare, con un abbraccio forte che riesca a durare per tutto il tempo della separazione, che mantenga vivo il ricordo, che attizzi il desiderio di un nuovo incontro. La notte ci inghiottisce di nuovo, nelle strade del bosco di Vallombrosa, e sono le tre del mattino, e non è freddo.
Ho promesso che avrei ricordato. Ecco, amici, quello che volevo scrivere non l'ho scritto, perchè non lo so fare. Lascio qui il ricordo di una lunga, tiepida notte, nel bosco di Vallombrosa, chiedendo a voi di riempire i vuoti tra le mie parole scarse, povere, inadatte.
A voi Potter, casa e famiglia della famiglia dei Soffiatromba.

lunedì 20 ottobre 2008

1991



Mi hai detto che verrai. E adesso aspetto quel momento, e sembra quasi che attenderti riempia del tutto il mio tempo, occupi del tutto i miei pensieri.
Verrai. Ho fiducia in te. E comincio a pensare a dove ci incontreremo, e se ti riconoscerò, e come sarà la tua voce, e come sarai vestito.
Manca ancora un mese al tuo arrivo, ma intanto ho saputo a quale stazione arriverai. Vado a vedere, vado a pensare come sarà. Salgo le scale, e penso che le scenderò con te tra un mese, penso che staremo già chiacchierando come vecchi amici, magari di questi giorni di confusione, di attesa, di timore. Vado a guardare i binari. Arriverà qui il tuo treno, alle sedici di una domenica tra quattro settimane. Arriverà. Sentirò l’annuncio dall’altoparlante, e aguzzerò gli occhi giù lontano sui binari, dove tutto si confonde in una leggera nebbiolina, tra i segnali rossi e le linee elettriche, tra vagoni in sosta su binari morti e motrici di servizio nello scalo merci, a spingere stancamente brevi convogli.
Adesso provo a spingere ancora più in là il mio sguardo. Oltre il visibile, verso il luogo dal quale tu arrivi. Mi viene voglia di mettermi a seguire a ritroso il tuo percorso, sapessi che è possibile, lo farei. Ma no, devo aver pazienza. Mi perderei, ti perderei. Per me questo binario si perde nel nulla, troppe fermate, troppi paesi sulla tua strada, e poi, come trovarti? So che tu mi conosci, mi hai telefonato all’improvviso, pensavo a uno scherzo, a un sondaggio, a qualche trovata cretina di qualche amico. Ma eri tu. Non sapevo di essere sulla tua rubrica, non sapevo nemmeno che tu avessi una rubrica.
Cerco di ricordare la tua voce, ma non ci riesco, ma tu guarda un po’ se uno deve pensare anche a ricordarsi una voce...
I miei amici sanno del nostro incontro, mi dicono anche loro “Abbi pazienza” , ma intanto il mese è passato, e al sabato notte non riesco a dormire.
Domani. Domani. Basta far passare questa notte e sarà domani, il giorno che verrai.
Ci troviamo la mattina, nel giardino davanti la stazione. Ridiamo, scherziamo, ma la mia testa è sui binari, i miei occhi sono sui binari, il mio cuore è sui binari, e devo ancora aspettare.
Pranziamo allegri, anche io cerco di scherzare, ma sento che è solo la mia voce che scherza, io non ce la faccio, non ho testa, non posso. Non riesco ad andare oltre un commento sul vino che bevo, sulle patate arrosto, che sono un po’ malconce. Quello che conta è che tu verrai, tra poco, tra poco.
Sento che in stazione continuano ad annunciare treni in arrivo e treni in partenza, dieci minuti, poi chiameranno il mio treno, il tuo treno, il nostro treno.
Salgo ai binari, gli amici non mi accompagnano. E’ un momento per me, solo per me, saranno ad aspettarmi, ad aspettarci, ad abbracciarci dopo, quando sarai venuto.
Ecco, lo annunciano, stai arrivando. Mi sporgo per vedere il tuo treno spuntare, per veder fare quella leggera curva che lo indirizzerà da me, qui davanti. Presto! Presto! Ecco che arriva! Ecco che viene! Stridono i freni, dove sei, dove sei!!!! Il treno è fermo davanti a me, i passeggeri scendono, ma tu, tu, dove sei? Non ti conosco, non ti ho mai visto, eppure sono qui ad aspettarti, e cerco di vedere tra la gente che scende, tra la gente che passa, tra la gente che esce, ma non ti vedo, non c’e’ quasi più nessuno, non é possibile, hai promesso, hai promesso.
Improvvisa una voce, dietro di me, il mio nome detto con calma, mi volto, sei tu, sei tu? Certo, chi potrebbe essere! Ti abbraccio, mi abbracci, affondo il viso nella tua spalla, mi stringo a te. Sei arrivato, tu mantieni le promesse.
Gli amici, fuori, stanno già facendo festa per noi. Cantiamo, danziamo, ridiamo. Ci guardiamo negli occhi. Che importa se viene la notte? Con te notte e giorno sono la stessa cosa.

venerdì 3 ottobre 2008

Just as I am



Non so perchè ho sentito improvviso la necessità di scrivere questo post. Non so nemmeno se ci riuscirò, ma vorrei provare a fare pace con me stesso, se possibile, ad accettarmi, a prendermi così come sono.
Il fatto è che mi sento come se fossi troppo mescolato, troppo complesso, troppo diverso da me stesso. Troppo lontani i miei poli, e anche l'equatore non è messo meglio. Forse non esiste nemmeno.

Scopro dentro di me una sensibilità... come dire, ambivalente. A volte sono troppo freddo, altre troppo delicato, dolce, fragile. Talvolta, e sono casi un po' speciali, riesco a mettere a frutto queste mie due qualità, o modi di essere, compongo in modo unitario quello che avverto spesso come diviso, lacerato. Da una parte una sensibilità molto forte, che non poche volte mi crea imbarazzo, dall'altra una freddezza e una lucidità che non so capire come possano camminare insieme.

Lo scorso dicembre, il giorno 30, è morta la mia mamma, dopo due anni di sofferenze terribili. Io e mio fratello, e la badante, che è stata per noi davvero dono di Dio per la nostra famiglia e per la mia mamma, l'abbiamo assistita come meglio abbiamo potuto, sapendo sempre che in fondo a questa storia ci sarebbe stata la morte, che siamo arrivati a desiderare arrivasse presto, perchè lo strazio di quella sofferenza non era sopportabile. La mamma è morta la mattina dopo che io l'avevo vegliata in ospedale, e io ero a casa, in quel momento, a letto a riposare. Mi ha telefonato mio fratello, due volte in breve tempo, sempre uguale, anche quando è morto mio padre, mio fratello mi ha chiamato, se la vuoi vedere ancora viva vieni subito, ma dopo due minuti la seconda telefonata: fa' pure con calma, non scappa più niente, ormai.

Siamo andati tutti all'ospedale. io, mia moglie, le mie figlie; c'erano gia' anche mia nipote e la mia cognata. Deqaa, la badante piangeva disperata.
Io ho pensato che doveva succedere, che lo sapevamo, che nessuno aveva soluzioni per questa storia. Pochi giorni prima un'anziana signora era stata uccisa dal marito, che si era reso conto di non poter piu' fare niente per lei, con tre colpi di pistola proprio nel letto davanti a quello di mia madre, che era ancora abbastanza lucida da vedere e capire, e da ricordare. Ci sono voluti due giorni per pulire il muro dal sangue e la mamma ha detto che le era rimasta la foto di questa "pittura" fissa nel cervello, e la sognava la notte e ogni volta che si appisolava. Non credo che avrebbe desiderato di finire così anche lei, con un colpo di pistola, ma non ce la faceva più, non ce la faceva più.....

Mia moglie è stata preziosa. La data del 30 dicembre non era la migliore per morire, per trovare un medico legale, per mettere insieme i pezzi di una vita finita, per dare modo ai molti che avevano voluto bene alla mamma di poterla salutare per l'ultima volta, ma lei ce l'ha fatta.
Abbiamo celebrato il funerale il 31 pomeriggio, io ho cantato e suonato per lei, con l'aiuto di alcuni amici, in particolare di Marco, quello che ogni tanto ricordo su questo blog. Ho voluto cantare per lei "swing low, sweet chariot" alla fine, per cercare di accompagnarla in qualche modo. Non ho pianto nemmeno una lacrima. Mi domando perchè, e non trovo risposte.
Perchè per il resto sono fragile, e mi commuovo con una facilità davvero inquietante quando avverto dentro le storie che leggo, o nei films che vedo, i sentimenti più profondi, e mi pare di viverli in prima persona, tanto che a volte devo spegnere la tv, o peggio, andare un po' nel corridoio del cinema, perchè non riesco a sostenere, sopportare, quello che vedo.

Eppure penso di essere un duro. Di riuscire a resistere a qualunque cosa. Di riuscire a metabolizzare, di lasciare dentro di me la disperazione e riprendere a lottare, anche quando non vedo vie d'uscita.

E forse è davvero così che appaio, incerto, ondivago. Forse anche inaffidabile. Talvolta impresentabile. Ma.... è così che sono. Just as I am

domenica 28 settembre 2008

Per chi non c'era


L'Eliduin , ditino infernale, è tornata a stuzzicare il Lucca Gospel Festival.
Allora mi permetto di proporre, per chi fosse interessato, un breve video - di qualità non bella, dato che era ormai notte - che forse riesce a far capire come eravamo, noi partecipanti al Festival.
Tuttora, mi perdonerete, non riesco a trovare parole adatte.

domenica 21 settembre 2008

Ripensandoci


Alcune sere fa sono andato, col mio fido amico Marco, ad una rassegna di cori a Pistoia. Esperienze molto diverse, cori più o meno esperti, ma in genere un programma della serata che pareva promettere bene. Uno dei quattro cori presenti aveva partecipato giovedì scorso ad una serata gospel nel duomo di Prato, serata alla quale ha partecipato anche il coro nel quale mi onoro di cantare.
Insomma, nulla di strano, senonche' era davvero molto tempo che non assistevo ad un concerto. Quando canti nel coro, canti, e il concerto lo sentono gli altri, e magari rischi di dimenticarti......
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Capitò che un amico mi invitasse ad un concerto gospel in una chiesa cittadina. Si trattava di un coro che da tanto desideravo sentire ma non ero mai riuscito, quando perchè la notizia mi arrivava tardi quando per..... le solite coincidenze della vita. Stavolta, però, ce l'avrei fatta, sarei andato al concerto, curioso come ragazzino.
Arrivo presto, come al solito, e sto a passeggiare davanti alla chiesa, aspettando il fido Marco, ma incontro anche altri amici e nell'attesa ci mettiamo a chiacchierare. A quanto pare io ero il solo a non aver mai sentito questo coro, mi sentivo proprio uno sprovveduto (e magari avevo ragione, eh!)
Insomma, con un po' di ritardo viene annunciato l'inizio del concerto entriamo e prendiamo posto, siamo circa a metà della chiesa, vediamo bene la zona del presbiterio, dove si presume il coro......
ARRIVANO! Sembrano scivolare sul pavimento con le loro lunghe tuniche bianche e azzurre, si dispongono su due file, ok, possiamo vederli proprio bene.
Un attimo di attesa, cominciano a cantare, ma il pezzo non mi entusiasma, comunque cantano bene, mi pare. Stiamo a sentire....
Viene annunciato il secondo pezzo..... cominciano a cantare e...... mi si pianta nel cuore. FREEDOM.
Mi ricordo, ero immobile, incapace di muovermi del tutto, ad ascoltare, a lasciarmi inondare da quello che sentivo. Marco era accanto a me ma non riuscivo nemmeno a fare uno dei soliti commenti.
E' stato bellissimo, tutto, anche i pezzi che non conoscevo, ero felicissimo e avrei passato la notte ad ascoltare.
Ad un certo punto mi sono accorto che anche i miei occhi avevano da dire la loro, e lacrime di commozione e di gioia son rotolate giu'. Le ho asciugate, un po' di nascosto, non sta bene piangere così, per un po' di musica......
Sei mesi dopo ho raccolto il coraggio a due mani e mi sono presentato al direttore del coro, chiedendo di poter cominciare a cantare con loro.... .....fatto il provino di rito, avuta la risposta tanto desiderata, pensando che gia' troppo presto sarebbe finita, era il 21 giugno e l'attività del coro si sarebbe presto interrotta per le vacanze estive, sono tornato a casa.
Quella notte non ho dormito.

Adesso ripenso a quei tempi, e vorrei davvero che qualcuno potesse provare la stessa mia felicità di quella prima sera. Ma ho l'impressione che spesso risulti piu' semplice mettersi l'impermeabile per evitare che gli eventi e gli incontri della nostra vita vengano troppo in contatto con i nostri strati piu' profondi.
Si, molti preferiscono lasciarsi sfiorare dalla vita, dargli un'occhiata annoiata, scantonare, ripararsi sempre e non accettare rischi e novità.
Per quanto mi riguarda cerco ancora di portare il cuore dove vado. Potrebbe essermi utile.


martedì 16 settembre 2008

Onda



Spinta dal vento si formò
Come una leggera increspatura,
come una ruga sulla fronte
s’incavò, e offrì il dorso
al vento più fresco, che la spinse
a correre sotto voli di albatros,
a cullare nel mare lontano
il sonno dei gabbiani.
Sotto leggere nubi
Diventò più forte,
e corse veloce.
Le dissi: “Fermati! C’è una scogliera
Che spezzerà la tua schiena,
lasciati andare!
Non romperti in schiuma
Stracciata dal vento! Morirai!”

Ruggendo vicino alle possenti rocce
Mi rispose: “Amico
Se mi fermassi, ora, morirei,
perché ogni onda ha la sua fine segnata:
forse da una scogliera,
o dal declivio dolce di una spiaggia,
forse strappando un granchio spaventato
alla sua casa di roccia,
forse solleticando i piedi di un bimbo,
facendogli scorrere la sabbia tra le dita….

Comunque dal mare sono nata
E al mare tornerò, nella risacca.

domenica 7 settembre 2008

Lean on me


Nell'ultimo scampolo di ferie sono andato, insieme al mio amico Marco, a fare un giro per le 5 terre... insomma un giorno è veramente poco, giusto per riempirsi gli occhi di colori e il cuore di emozioni, e poi a casa.
Ma è stato bello ugualmente. Bello vedere il mare che entra tra le case, bello vedere le case che scendono fin dentro al mare. Bello vedere il blu del cielo negli spazi tra i cornicioni, negli stretti vicoli. Un po' come fosse un canale nel posto sbagliato.
Bello quando il blu del cielo e quello del mare s'incontrano, si amalgamano, si fondono

....e poi le case, addossate le une alle altre.
Certo, le vecchie foto dell 5 Terre non son così allegre, le case sono proprio case di pescatori, dai muri scrostati, dalle povere porte, e uno si domanda come dev'essere la vita in inverno, quando il mare in tempesta ti entra quasi in casa, quando non puoi uscire a pesca, quando non puoi procurarti il necessario per vivere.
E' facile guardare questi posti adesso, in una bella giornata di sole, coi negozi aperti, con gli scaffali pieni, col telefono, internet, la televisione, e anche i cellulari.


....Ma le case, anche se ridipinte, rimangono ancora in riva al mare, e la tempesta non conosce i colori. Ma le case, anche se ridipinte, rimangono addossate le une alle altre, spalla a spalla, a offrire e a chiedere aiuto.

All'ingresso della valle Arnetola, nel cuore delle Alpi Apuane (dove abita il mio cuore), addossata ad un roccione isolato, c'e' una casetta di pietra, probabilmente costruita per gli operai delle cave, ora disabitata. La casa e la roccia sono lì da tanto, tantissimo tempo.
"Appoggiati a me - sembra di sentire ancora - appoggiati senza temere. Ti proteggerò dalle molte pietre che cadono dalle cave di marmo, ti nasconderò alla neve che potrebbe schiacciarti sotto il suo peso. Sarò per te ombra e custode, ma lascerò libere la tua porta e le tue finestre, che si possa andare e venire, e non avrai nulla da temere.
Iniziamo questo sodalizio, appoggiati a me, lo vedi, non sono una roccia particolarmente bella, ma ti posso sostenere, la montagna non mi ha voluta in se', ma con te trovo il mio scopo. Appoggiati a me.
........

Nel ricordo di coloro che ci vogliono bene, che ci sostengono senza chiederci nulla in cambio.
Nel ricordo del Signore Gesù, mia Roccia di difesa.
Nel desiderio di poter essere prossimo per le persone che incontro, di poter essere una spalla, una mano. Perchè anche io ho bisogno, perchè tutti noi abbiamo bisogno.


http://www.youtube.com/watch?v=JR0NZqu6igg

venerdì 22 agosto 2008

Delle lumache e dei segreti


Arriva un giorno - arriva, arriva - che ci accorgiamo che la nostra vita non è solo oggi, e poi domani. Prima o poi occorre rendersi conto che il futuro è afferrato a due mani nel presente, e il presente ha i piedi nel passato. E così la nostra vita non è uno scollegato scorrere di frazioni di tempo, di spicchi di presente che si rigenerano continuamente. La nostra vita è un fluire dinamico, un interagire, un dipendere da altro. Ma non siamo palline impazzite in un flipper fuori controllo.
Come le lumache, lasciamo dietro di noi una traccia, una memoria, un segno, una via.
Ma fortunatamente non siamo lumache, non del tutto, almeno. Possiamo guardare indietro, e vedere il nostro percorso, e capire che quella striscia di muco che abbiamo dietro non ci sta seguendo, ma l'abbiamo tracciata noi, siamo noi. Possiamo capire dove ci troviamo adesso, e perche', ripercorrendo quella traccia, ricordando, riportando alla luce il tempo e il modo del nostro camminare possiamo comprendere meglio il luogo dove ci troviamo e il senso del nostro viaggio.

Tempo addietro (non troppo tempo, eh, quattro o cinque anni orsono) iniziai ad interessarmi a Tolkien e al suo libro "Il signore degli anelli", e quindi anche a partecipare ad un newsgroup, e ad incontri di appassionati di tale scrittore sopratutto nella città dove abito, Prato, e a Firenze.
In tale ambito mi scelsi il nick "Brandivàno" (per coloro che conoscono Il signore degli anelli sarà facile risalire al Brandivino, fiume della Contea), e con questo si spiega anche perchè io mi presenti qui come "Brandy". Nulla a che vedere coi superalcolici.
Ma desideravo avere anche una famiglia, una virtuale, in più a quella vera, una casata dalla quale discendere.... e mi ricordai.....

....dal parco dell'Orecchiella, proprio sopra al mio paese natale, scende una sorgente. Si chiama "Lamarossa",

http://www2.corpoforestale.it/web/guest/ambientericerca/areeprotette/informazioni/lamarossa

una volta l'ho vista, tanti anni orsono, e ne capii male il nome, mi parve "Marossa".
La individuai dopo molti anni su una carta e lessi il nome giusto, Lamarossa. Mi incuriosì tantissimo, mi piacque.

35 anni dopo pensai che non potevo desiderare casata migliore di quella. Il nome di una sorgente così forte, Lamarossa, e così dolce, che disseta il paese, perchè per me, da allora, Lamarossa è diventato sinonimo di sorgente, e mi sento legato a lei.
Ecco allora l'indirizzo di questo blog, lamarossaspring, sorgente di Lamarossa, luogo del ricordo, delle origini, delle radici, come dice la nostra DieMme. Luogo di casa.

per voi oggi mi firmo
Brandivano di Lamarossa